martedì 14 luglio 2015

PRIMO CAPITOLO - L'INVESTIGATORE NEL CARRELLO E IL CLUB DEI LOTTATORI"

Uno

Il gigante mi guarda, seduto sul cofano della mia auto. La sua camicia bianca, sbottonata per metà, è mossa dal vento quasi caldo di fine maggio.
- Non ho moneta amico, niente. - gli dico senza crederci troppo. Apro il bagagliaio, accompagnando dentro il mio carrello per la spesa. Lo chiudo. Il gigante è ancora seduto, immobile, con lo sguardo fisso in avanti, ora rivolto al vicino monte, sempre più scuro con l'arrivo della sera. Improvvisamente, piano piano, alza la testa verso l'alto, per poi portarla, con un movimento quasi impercettibile, verso il basso.
- E' così che fai? Sali fino alla cima con quel carrello e poi venite giù.
La sua voce sembra quella di un vecchio attore drammatico di teatro, grave e bene impostata. Mentre salgo in auto gli dico:
- Amico, io me ne torno in città.
Non accendo il motore. Aspetto che venga da me, perché è qui per me, è ovvio. Si alza e sembra una montagna lui. Ha i capelli color del rame, lunghi, raccolti bene, profumati. La sua pelle è abbronzatissima, a toccarla forse scotta. Abbasso il finestrino e lo fisso negli occhi. I segni delle cicatrici sulla larga fronte lo invecchiano di parecchi anni. Poi noto la sua guancia sinistra, ospitante due segni rossi paralleli che sembrano labbra.
Mi squilla il telefonino e in un momento, vedendo il nome di mio cugino sul display, capisco tutto, ma non rispondo. Tolgo la suoneria.
- Perché non rispondi? - mi chiede il gigante.
- Vuoi un passaggio? - taglio corto io, accendendo il motore.
Entra e subito mi chiede - Riesci? - guardando lo schienale. Lo abbasso immediatamente. La mia umile Punto di colore azzurro, con dentro un carrello per la spesa e due uomini che insieme pesano almeno duecento venti chili, si allontana dai piedi del Monte Musinè.
- Perché non metti la quarta? - mi dice lui, guardandomi.
- Quando vado in automobile mi piace andare piano, cara Miss! - gli rispondo dopo un po' di tempo.
- Oggi ho sentito il tuo capo: mi ha detto che ti avrei trovato qui.
- Non è il mio capo. E' solamente mio cugino e ogni tanto gli do una mano.
- Però mi ha detto che sei bravissimo nel risolvere i casi.
- Solamente tanto culo, cara Miss. Niente più.
Gli guardo il rossetto che ha sulla guancia, sorridendogli.
- Non chiamarmi Miss.
- Pensa che non ho neanche l'abilitazione per fare questo lavoro. Michele vuole che faccia questo santo corso dove si dovrebbero imparare tante belle cose, eppure non ho voglia di fargli spendere dei soldi. Per ora lo aiuto così, gratuitamente, rimborso spese escluso. Lui sta nel suo ufficio davanti al pc, seduto comodo. Riflette. Prepara le cose burocratiche. Io, quando posso, agisco per lui.
- E come fai a vivere? Che lavoro fai?
- Faccio lo gigolò per le vecchie signore che vivono in città.
- Oh, dài, non scherzare, cazzo!
- Nei fine settimana batto anche la prima cintura e, sai... mi trovo tanto meglio! Più si va lontani dal centro e meglio si sta!
- Oh, basta con queste cazzate.
- Lavoro in una bocciofila del mio quartiere. Nei fine settimana mi dedico alle discese con il mio carrello per la spesa. La sera guardo solo film muti. Vivo beatamente in solitudine, in una mansardina, al nono piano. Proprietà privata. Sopravvivo. Fine.
- Ho ancora qualche dubbio. E la ragazza? Ce l'hai una ragazza?
- Cos'é una proposta, Lady?
- Non chiamarmi Lady e non chiamarmi Miss.
- E allora perché sei salito su? Io non ho spiccioli. E' chiaro, baby?
- Ferma la macchina, ferma la macchina, stronzo!
Comincia ad urlare ed io accosto. In un battere d'occhio mi ritrovo fuori dall'auto, sul ciglio della strada statale, strattonato e poi il cielo con le nuvole a due passi dal mio naso. Mi solleva in alto per la schiena e mi getta a terra, come se non pesassi ottanta chilogrammi. Poi mi alza da terra e, prendendomi per le cosce e per le spalle, mi tira su e mi lancia in pieno sul cofano dell'auto. Cado di schiena e vedo ancora il cielo sopra di me. Iniziano i pugni, veloci, alla nuca. Non faccio tempo a pensare ad una mia difesa, per esempio strappargli i capelli o i coglioni, perché mi accorgo che i suoi pugni non generano in me alcun dolore. E nemmeno la schiena mi fa male. Lui, il gigante impazzito, ora mi salta addosso, petto su petto, il suo scolpito da atleta il mio fatto di grasso, ma io non sento il suo peso. Scivolo per terra, finisco con gli occhi fissi al cielo. La sua scarpa enorme si appoggia sulla mia pancia, sfiorandomi.
- One, two, three! Ho vinto, stronzo! - urla lui.
Mi alzo, completamente illeso. Attendo una sua spiegazione, che immediatamente arriva.
- Sono un lottatore professionista di wrestling e ho bisogno del tuo aiuto.



Tratto dal romanzo "L'investigatore nel carrello e il club dei lottatori". Questo capitolo è presente, in appendice, nella raccolta di racconti "La ragazza che sputava farfalle e altre storie" uscita nel 2015 (self-publishing, ilmiolibro.it).

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